Top to toe – La rivoluzione che serve al calcio scozzese

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La discussione più in voga in merito al calcio scozzese è se sia utile che ci sia un solo team che è così dominante su tutte le altre formazioni. E’ capibile un tale quesito, in quanto la situazione del “campo” riflette lo status di questa circostanza anche dal punto di vista organizzativo (e non solo economico o sportivo). Però questa situazione, che si riflette sui 42 club professionistici, avrebbe dovuto essere affrontata dalla Federazione (SFA) e dalla Lega (SPFL) ancora 25 anni fa, un periodo che ha visto di anno in anno il declino sia della squadra nazionale che delle squadre che hanno partecipato alle varie competizioni sotto l’egida dell’UEFA. Questo lento ma inesorabile peggioramento avrebbe dovuto aprire una forte riflessione sulla struttura della Lega calcio (sia interna che nei confronti dei club appartenenti), che non ha contribuito per niente a mantenere uno standard altamente competitivo; ma questo declino avrebbe dovuto aprire anche una riflessione sulla qualità e sul numero delle figure professionali che si occupano di formare i calciatori a livello giovanile; e da ultimo, ma non da meno, avrebbe dovuto aprire una forte riflessione critica sulle figure che guidano la Federazione e la Lega. Purtroppo il dibattito su questi 3 problemi non è mai stato affrontato.

Se questo fosse stato fatto avrebbe concesso l’opportunità al mondo calcistico scozzese di rivedere le critiche e apprezzare il sistema con il quale il Celtic è diventato il club guida e avrebbe indubbiamente dato l’opportunità agli altri competitors di capire, rivedere e riportare nel proprio ambito questo sistema vincente.

Stampa, (altri) tifosi e vertici federali invece di citare il Celtic come esempio di eccellenza per i risultati (ripeto, non solo sportivi) ottenuti, si limitano a sottolineare quanto questi siano ininfluenti e dannosi per il calcio scozzese; ma allora nasce spontanea una domanda: non sarebbe il caso di sottolineare un’eccellenza? Ma soprattutto non sarebbe il caso di sottolineare come questa eccellenza è stata ottenuta?

In quale altra situazione della vita ci si riferisce ad una eccellenza indicandola come una negatività?

Sarebbe come dire a uno studente modello di rivedere verso il basso il proprio profitto per non mostrare agli altri compagni di classe la propria bravura (e la loro pochezza). O sarebbe come chiedere ad atleti di gran valore di non raggiungere determinati record per non rendere invidiosi coloro che non possono ottenerli. O sarebbe come chiedere ad un neoassunto di non impegnarsi troppo per non svelare ai colleghi la propria bravura e superiorità.

Il caso di augurarsi che il livello di qualità espresso dal Celtic diventi inferiore e si adatti a quello delle altre squadre è un esempio dell’assurdità nel pensare ad un’eccellenza che danneggia il proprio sistema. E le critiche più assurde sono giunte proprio dal presidente della Federcalcio all’indomani della treble conquistata sul campo dai biancoverdi nella stagione 2016/2017.Invece di riflettere come, in occasione della finale di Coppa di Scozia, all’Aberdeen occorressero ancora almeno 30 minuti di gioco migliore, di prestanza fisica e autostima per competere al meglio contro il Celtic, il dibattito è partito analizzando il fatto di quanto fosse negativo per il calcio scozzese la superiorità del club di Parkhead. A dire il vero in questi ultimi anni le critiche sono state molto più severe contro il sistema vincente dei Bhoys che nell’analizzare i 14 trofei vinti ad Ibrox nel periodo in cui, pur vincente, hanno evaso il sistema fiscale britannico…

Il problema non è stato affrontato nel miglior modo dai vertici, quando invece avrebbe dovuto esserlo con un programma inevitabilmente a lunga scadenza. E’ chiaro che esiste al momento un solo concetto: una squadra infinitamente forte riflette la pochezza di tutte le altre. E il problema è proprio questo: il dibattito dovrebbe concentrarsi su tutti gli altri club professionistici e su come questi possano raggiungere il livello mostrato dal Celtic, proporzionale alle possibilità di ogni team. Questo può essere attuato solo con una rivisitazione decisa, coraggiosa e completa del “sistema calcio” a nord del vallo di Adriano.

Il caso può essere analizzato mettendo a confronto le due realtà che giocano l’Old Firm. La vicenda che ha portato al fallimento il club di Ibrox, per come è stata gestita è il sintomo di come sia malato il calcio a queste latitudini, a cui possono aggiungersi negli anni altri fallimenti o situazioni disastrate di altri club professionistici scozzesi. E non possiamo nemmeno dire che l’ombra di un unico club che prevale sugli altri non lasci spazio al progresso e al miglioramento. Anche il Celtic ha subìto questa ombra, se pensiamo a quando i blues avevano uno strapotere calcistico ed economico nei primi anni ’90, ma è arrivato all’eccellenza rimboccandosi le maniche, lavorando con “elbow grease”, attraverso un programma perspicace quanto ambizioso. Non possiamo dimenticare le casse societarie disastrate del club di Parkhead e l’essere arrivati a pochi minuti dal fallimento; né possiamo dimenticare alcune campagne – acquisti faraoniche, che però non potevano essere gestite a lungo (non andiamo poi molto lontano nel tempo, perché mi riferisco ai tempi di Martin O’Neill). Le basi di questo progetto rivoluzionario ma costruito dal punto di vista manageriale sono state gettate con l’avvento di Fergus McCann e prevedevano due punti essenziali: prudenza finanziaria nella gestione del club e un forte lavoro professionale sotto l’aspetto tecnico, che ha coinvolto non solo i calciatori (in primis quelli della prima squadra), ma soprattutto lo staff tecnico dalla A alla Z, con la creazione di un’Academy, di un sistema di scout molto allargato anche oltre confine, e di un continuo aggiornamento da parte di tutti gli attori coinvolti. Guardando indietro, quello che ha portato oggi il Celtic a primeggiare in Scozia nasce ben 25 anni fa, per cui non è pensabile che la riforma del calcio scozzese dia frutti né nel breve né addirittura nel medio periodo. Ma una rivisitazione del sistema calcio in Scozia è pressochè urgente e chi non ha approfittato di un esempio eccellente quanto quello costruito dal club di Parkhead, a livello di Lega e Federazione dovrebbe onestamente farsi da parte…

Il Celtic al momento attuale, piaccia o non piaccia, deve essere visto come “aspirazione” per ogni top club del calcio scozzese, poiché a livello professionistico il calcio è uno sport d’elite (purtroppo o per fortuna, a voi l’ardua sentenza) e non tutti sono in grado di raggiungere gli standard che sono oggi richiesti. Ecco perché la struttura dei campionati in Scozia dovrebbe essere rivista. E i vertici calcistici dovrebbero assicurare ad ogni club i fondi e tutto quello ritenuto essenziale per poter aspirare all’eccellenza, facendo la giusta e necessaria selezione. Senza contare che un basso livello calcistico preclude anche denaro che potrebbe arrivare dal Governo, liquidità richiesta a gran voce dai club minori per migliorare gli impianti (in primis quelli di allenamento e quelli rivolti ai giovani calciatori). Ma soprattutto il progetto dovrebbe coinvolgere tutti coloro che ruotano attorno al calcio, professionisti compresi (calciatori, dirigenti e allenatori) con un programma di sviluppo concentrato sulla formazione professionale degli allenatori che si occupano del settore giovanile e sull’allenamento costante e secondo standard di qualità delle giovani leve. Questo progetto necessita logicamente di una scadenza senza la quale non sarebbe possibile valutarne gli effetti (ad esempio: entro x anni la Nazionale deve raggiungere la qualificazione agli Europei e/o ai Mondiali, ovvero entro y anni le squadre di club devono raggiungere la fase a gironi delle competizioni UEFA e mantenere il coefficiente UEFA per z anni ancora), ma è altresì chiaro che qualora questi obiettivi non fossero raggiunti, si dovrebbe rivedere il progetto e apportare gli opportuni cambiamenti laddove lo si reputi necessario.

Onestamente in Scozia fino ad oggi si è perso molto tempo; dalle Autorità calcistiche, alla stampa, ai tifosi, che hanno accettato i fallimenti delle (proprie) squadre, e invece a gran voce hanno criticato i risultati ottenuti dal Celtic.

Invece di criticare i migliori, è giunto il tempo di criticare i peggiori, perché solo così si offre la possibilità di evolversi e di elevarsi. E’ questa secondo me l’unica via per costruire ancora qualcosa di buono nel calcio scozzese. Usando al meglio coraggio e responsabilità.

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