Una vittoria pagata a caro prezzo

Il famoso saluto “delle 7 dita” e la parabola discendente di Dick Beattie.

Ogni club ha i propri simboli; anche il Celtic mostra con orgoglio i propri, che ormai sono diventati punti di
riferimento “all ‘round the world”.

Ma uno in particolare rimanda ad una storia particolare che si apre il 19 ottobre del 1957, giusto 60 anni fa.
E’ la foto di Dick Beattie, nostro portiere, scattata al fischio finale della League Cup Final, quando i bhoys
travolsero i R****** per 7-1 nell’ormai famoso pomeriggio di “Hampden in the sun”.
Beattie sta lasciando la porta e mostra le 7 dita, per suggellare lo storico risultato di una squadra che
languiva dal dopoguerra, impreparata ed incapace nel contrastare i rivali della Lega scozzese; possiamo dire
che non fu il protagonista principale in quel pomeriggio di sole, ma lo divenne suo malgrado qualche anno
dopo, e per ben altre vicende, quando aveva lasciato il Celtic.
Beattie era arrivato a Celtic Park per sostituire John Bonnar, e si pose all’attenzione di club e tifosi per il suo
coraggio, l’atletismo e il talento, pur con il classico punto debole dei portieri britannici nei cross; dopo
l’esordio il 20 ottobre 1954 contro il Clyde a Shawfield, era salito alla ribalta delle cronache per un match
imperioso contro gli Hibs il 29 dicembre del 1956 e sempre contro gli Hibs nel novembre 1957 si era distinto
per interventi miracolosi e per aver parato un rigore a Eddie Turnbull. Contraddistinto dal suo cappellino
arancione, dopo 5 stagioni, 156 presenze e qualche papera inopinata, prese la via del più lucrativo
campionato inglese, dove firmò per il Portsmouth nell’agosto del 1959. Passò poi nelle file del
Peterborough, per poi ritornare in Scozia, prima al St. Mirren e poi al Brechin City, non senza aver lasciato
strani ricordi in Inghilterra, per alcune papere grossolane.
Fu solo nel 1964 che grazie ai rimorsi e al bisogno di denaro, Jimmy Gauld – uno scozzese attaccante
girovago che aveva militato nello Swindon Town, Everton, St Johnstone e Mansfield – rivelò al Sunday
People come aveva truccato una serie di partite fra il 1961 e il 1963. La testimonianza di Gauld, un nativo di
Aberdeen e scommettitore incallito, ritiratosi dall’attività nel 1961 a causa di un infortunio al ginocchio,
chiamava in causa altri 10 calciatori che avevano scommesso contro la propria squadra. E fra questi
rientrava anche il “nostro” Beattie.
Gauld ricevette la bellezza di £7,000 dal tabloid inglese, ma la Giustizia inglese fece pagare a caro prezzo la
vicenda a tutti i protagonisti. I calciatori coinvolti furono condannati per truffa e al processo, tenutosi a
Nottingham le sentenze non furono per niente miti. Gauld fu multato di £ 5,000 e imprigionato per ben 4
anni; Beattie passò 9 mesi in galera (senza nessuna attenuante, cosa che dovrebbe far riflettere su certezza
della pena ed esempio per chi ha malevoli intenzioni anche alle nostre latitudini….), ma soprattutto fu
squalificato a vita. Improvvisamente si diradarono le nubi su alcune papere di Beattie, commesse con le
maglie del Portsmouth e del Peterborough.
Beattie, all’uscita dal carcere, cambiò naturalmente vita, emigrando in Medio Oriente e lavorando come
saldatore nei cantieri navali. E’ deceduto relativamente giovane, nell’agosto del 1990, e il Celtic gli dedicò
un articolo sul Celtic View nell’edizione n.1088 del 22 agosto.
Dick Beattie pagò così a caro prezzo la sua smania per le scommesse, che lo portavano spesso a spendere
più di quanto guadagnava da calciatore; il simbolo delle 7 dita non potrà mai essere oscurato, anche se la
memoria giornalistica lo raffigurerà sempre come uno dei protagonisti del “The Fix”, ancora oggi il peggior
scandalo sul calcio scommesse in Inghilterra.

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